Ogni volta che qualcuno mi diceva queste parole, imparavo a tirarmi indietro un po’ di più. A parlare più piano, a sentire meno intensamente, a occupare meno spazio.
Ad essere sempre meno me stesso.
Ma cosa succede quando un’intera generazione cresce sentendosi dire “forse stai esagerando”—solitamente accompagnato da un’alzata di occhi al cielo?
Sentendo così i propri sentimenti continuamente invalidati.
Succede che pian piano impariamo a rimpicciolirci. Rimpicciolirci a tal punto che finiamo per scordarci chi siamo veramente.
La nostra mente e il nostro cuore diventano così disconnessi che iniziamo a sentirci estranei nel nostro stesso corpo.
Fino a quando non riusciamo nemmeno più a connetterci gli uni con gli altri.
Fino a quando poi, ci rendiamo conto che anche se la nostra vita è piena di cose da fare, sentiamo ancora il vuoto.
Nel corso degli anni ho capito che la scrittura è sempre stata la mia terapia per quella sensazione paralizzante di rifiuto che sentiamo nel petto—un piccolo rituale dove finalmente potevo stare con me stesso senza però sentirmi solo.
Scrivere mi aiuta a tirare fuori il casino dalla testa e mi riporta all’intensità del mio vero io.
Le parole su una pagina diventano così innegabili che inizi a sentirle sotto la pelle. E quel formicolio finalmente ti fa ricordare che, alla fine, è il tuo corpo il tempio in cui davvero vivi.
È un metodo di espressione che a un certo punto si è presentato naturale nella mia vita. Con gli anni è diventato un mezzo per comunicare con me stesso e trovare il coraggio di comunicare con il mondo.
Per riconnettermi con me, per riconnettermi con gli altri.
Penso che sia stato intorno ai primi tempi dei social media, durante la mia adolescenza. Proprio quando la voce interna inizia a lamentarsi della gabbia in cui sopravvive.
Penso che sia nato da una profonda necessità di liberare quella voce. E proprio in quel momento avevo finalmente una linea per comunicare con chiunque.
Ce lo ricordiamo tutti, da giovane uomo o donna nel mondo reale, nessuno vuole davvero ascoltare quello che hai da dire.
Ma anche se nessuno ti vuole davvero ascoltare, tu quelle cose le senti ancora tutte dentro di te, e la scrittura per me è diventata il mio modo di dire quello che ho da dire senza che nessuno mi dica “Diego, non farla così tanto lunga.”
Perché qui, chiunque mi legge, è libero di restare e parlare o semplicemente voltarsi e continuare per la sua strada.
Qui decido io quanto farla lunga, quanto essere pesante e quanto essere libero.
Forse il mio stile non sarà perfetto, ma la scrittura è il mio modo di ritornare a me stesso e farlo senza che nessun altro si possa mettere in mezzo tra la mia mente e il mio cuore. 🙃

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